Sabato 9 gennaio, a Bologna,
Associazione Jaya ha supportato Ayub Noor Muhammad nell'organizzazione della
festa interculturale Duniya Mela presso il parco della Montagnola. Grazie a
questa iniziativa, è stato sostenuto e promosso il festival di Shah Jamal che
ha avuto luogo la settimana seguente in Pakistan, a Lahore, grazie al quale
molte persone povere hanno potuto ricevere un pasto. Un pasto preparato con amore e
devozione, in una giornata di incontro tra culture e persone, una festa che ha
anche della spiritualità al suo interno, come tutte le festività in Oriente, così
che questo cibo diventi Prasad, ovvero cibo sacro, offerto senza aspettarsi
nulla in cambio, come l’amore che Dio dona a noi e che lui chiede di donare a
nostra volta a tutti gli essere umani e agli abitanti di questa Terra.
Ma anche per chi non crede in
Dio: la convivenza sul Pianeta non può avvenire senza incontro e amore,
condivisione e solidarietà, e questo lo sappiamo bene.
L’evento ha raccolto danze e
musiche provenienti da varie parti dell’Asia e anche dell’Africa, ma c’è stata
anche la tradizione del sud Italia a scaldarci e allietarci.
Io ho preso parte allo spettacolo
come spettatrice, godendomi tutta la ricca carrellata di artisti, musicisti e
danzatori professionisti, che si sono esibiti in diversi spettacoli,
sottolineando, ognuno per il proprio stile di “appartenenza”, come ogni mondo
sia ricco e molteplice al suo interno e che non basta una prima occhiata per
poter pensare di aver compreso una cultura o uno stile. Quello che da
spettatrice ho provato, quello che ho ritrovato in ogni esibizione è stata una
grande forza e armonia.
Ho percepito la forza del
femminile e la forza del maschile: la forza di questi poli opposti che si
incontrano e si fondono in un necessario e splendido connubio, perché solo se
mescolati in modo armonioso danno vita al Tutto e questo tutto danza, rotea,
balla, canta, suona, muove e smuove corpo e anima.
Penso alla Danza con la Spada,
così femminile e sensuale, e allo stesso tempo così forte e determinata, una
guerriera che danza con dolcezza e armonia, portando una spada in equilibrio
sul capo.
Penso alla Tarantella,
espressione della femminilità nascosta e repressa che esplode in un frenetico
ballo causato, come ci raccontano l’antropologia e De Martino, dal morso della
taranta velenosa, o forse è meglio dire, da una femminilità che non trova altri
luoghi di espressione se non quelli della “pazzia”, dell’eccentricità, del
ballo senza freno, in uno stato di coscienza quasi onirico.
Penso al Bharatanatyam, la danza
classica dell’India, che narra dell’incontro tra Shiva e Shakti, quindi tra
l’energia maschile e femminile, dell’incontro d’amore o devozionale, della
gratitudine, della bellezza e del profumo, degli ornamenti che adornano una
Dea, del loto profumato che giace ai piedi di un Dio.
Danza sensuale, forte, femminile, ma anche profonda e colta. Tra colori, ori e luci, la donna si esprime con ogni singola parte del suo corpo.
Danza sensuale, forte, femminile, ma anche profonda e colta. Tra colori, ori e luci, la donna si esprime con ogni singola parte del suo corpo.
Infine penso alla Danza Sufi e
alla forza di una preghiera fatta con il corpo: un corpo maschile che ricorda
la donna tarantolata.. un abbandono verso l’inconscio e lo stato profondo del
nostro essere, un abbandono però controllato, dove non esiste un gesto o un
passo che non sia privo di significato. Un corpo che freme, balla, trema,
scuote, ma non perde mai di vista il ritmo incalzante della musica, e, anzi,
suona con lei, dialoga, in un discorso sacro e profondo, dove tutta la persona,
corpo e anima, si abbandona a questa energia superiore che lo anima e lo rende
colmo e grato.