Yoga ed esicasmo è, innanzitutto, uno dei temi che mi hanno
spinto a scrivere la tesi "Yoga e Cristianesimo: un incontro
possibile", un tema in continua evoluzione che ad oggi è troppo poco
conosciuto e discusso. Tant'è che "Yoga ed esicasmo" è il titolo di
un libro, un'altra tesi, scritta da Flavio Poli a Bologna,
nell'anno accademico '78-'79. Sono passati parecchi anni, ma non ho ad ora
trovato altri studi così specifici sul tema, è un libro di difficile
reperimento, che necessita a mio avviso maggiore visibilità e una riflessione
in più da parte di autori e docenti d'oggi. Così come gli altri testi e autori che lo stesso Poli utilizza nella sua ricerca.
L'autore analizza nella prima parte del testo l’origine dello
Yoga, nella seconda parte analizza l’esicasmo nella tradizione della chiesa
orientale, infine nella terza parte ricerca i contatti e le comparazioni fra le
due discipline spirituali.
Esicasmo, una definizione plurale: secondo l’autore dare un
significato al termine esicasmo non è semplice e non porta ad un unico
concetto. L’autore cita innanzitutto Meyendorff che rileva almeno 4
definizioni:
1. Esicasmo è quel fenomeno della vita monastica cristiana
basato sull’eremitismo, la contemplazione e la preghiera pura;
2. L’esicasmo raggruppa i metodi psico-somatici di preghiera;
3. un sistema che si fonda sulla distinzione nella divinità tra
“l’essenza” trascendente e le “energie” increate attraverso cui Dio diviene
conoscibile all’uomo in Cristo;
4. Infine esicasmo distingue un’ideologia sociale e culturale
nata a Bisanzio.
Il punto in comune fra queste definizioni non è data, secondo Poli,
dall’unicità della tecnica spirituale, ma dal condiviso obiettivo di
intraprendere una via verso la conoscenza sperimentale di Dio, nonché la
centralità data alla vita sacramentale e la deificazione come fine ultimo dell’uomo.
Scrive Poli: «Il gesuita Bernhard Schultze pubblica su “Orientalia Christiana”,
il periodico del Pontificio Istituto di Studi Orientali, un’analisi sulla
preghiera di Gesù. Egli nota un parallelismo indiano di un concetto esicastico,
fino ad allora, mai considerato. Schultze rileva che l’esicasmo tende
all’unione dello spirito e del cuore, per attuare la “guardia del cuore”
(kardiakê prosochê). L’attenzione (nêpsis) che ne consegue, permette al
praticante di essere libero in una totale disponibilità, che non può che
condurlo a Dio. (…) Egli scorge un altro parallelo fra la “guerra spirituale” o
“combattimento invisibile” – un tema centrale della spiritualità esicasta che
la riprende da S.Paolo – il dovere di combattere di Arjuna nella Bhagavadgītā.».
Inoltre il termine hêsychia viene tradotto con “soppressione dei pensieri”, il
che ci collega rapidamente alla definizione di Yoga data da Patanjali nei primi
versi dello Yoga Sutra: lo yoga è la soppressione delle fluttuazione mentali
(Yogaś cittavŗittinirodhah). Altri autori, citati sempre da Poli, studiarono e
ritrovarono le attinenze tra la tecnica della preghiera di Gesù e lo yoga, in
particolare la recitazione dei mantra (Japa), tra questi vi sono Raniero Gnoli
che scrisse al riguardo un articolo nel 1953, il quale vede le grandi similitudini
tra il metodo indiano e quello dell’’Oriente cristiano e l’attenzione data alla
respirazione e al cuore. Con “Preghiera di Gesù” si intende la ripetizione ad
alta voce o in modo silenzioso, della preghiera: «Signore Gesù, abbi pietà di
me» o «Kyrie eleison». Questa semplice preghiera andava svolta con l’ausilio di
un rosario, simile alla Mala indiana, e andava anticipata da esercizi fisici e
controllo del respiro (ritenzione del soffio), grande importanza veniva data
anche alla postura, come insegna lo Yoga che sottolinea la fondamentale
importanza di una schiena eretta, dell’uso delle Asana e del Pranayama per
indurre al Dharana (concentrazione) e quindi alla Dhyana (meditazione).
Altro dato molto interessante è la similitudine riscontrata
dallo ieromonaco Anthony Bloom il quale, sempre nel 1953, scrisse un articolo
dove introduceva il concetto di “yoga cristiano” ed elencava dei centri di
concentrazione concepiti dalla mistica esicasta che non erano dissimili dal
concetto e dal luogo dei cakra. I principali “centri dell’attenzione” si trovano:
nello spazio fra le sopracciglia, il centro bucco-laringeo, il centro pettorale
e il centro cardiaco.