giovedì 20 agosto 2015

IL LABIRINTO DELLE PAURE E DEGLI ATTACCAMENTI (PRIMA PARTE)

 

Questo articolo è la prima parte di una serie che verrà mano a mano pubblicata su questo blog e sul blog Asterio col naso all'insù è il frutto di una collaborazione tra amiche e professioniste che desiderano condividere una parte di percorso e crescita assieme.
 
Un anno fa ho scritto un saggio, una ricerca partita in occasione del progetto Open (h)Air, patrocinato dalla Casa delle Donne di Bologna e alcuni Comuni della provincia di Bologna, rientrando nel “Festival La Violenza Illustrata- IX edizione” con l’intento di lanciare un messaggio contro l’omofobia, il femminicidio e in generale ogni violenza fatta sulle donne nel mondo.
Il saggio si intitola "Ciocche e trecce: la donna tra i suoi nodi", è pubblicato su  Antrocom Online Journal of Anthropology, Vol. 11, n.1, 2015; si trova sul sito di Paola Luciani
Da questa ricerca nasce ora una nuova collaborazione letteraria e antropologica. Cercheremo di raccontare il simbolismo che intercorre tra i capelli e il labirinto, il nostro labirinto interiore, che prende forma nel labirinto di Minosse, ma trattandosi di un simbolo corre su vie che ci portano altrove, un lontano che ci appare vicino e un vicino che si allontana dall'immagine di partenza.
 
Per poter comprendere il simbolismo che lega il labirinto ai capelli e alla femminilità sarà necessario fare un passo indietro e ripercorrere tutta la strada dei simboli che portano ad un’unica origine, il fondamento principale dell’essere umano: la paura e, nello specifico, il terrore della morte.
 
Srotoleremo il gomitolo di Arianna assieme, ripercorrendo a ritroso il percorso che ci farà uscire dal labirinto, forse non con delle risposte, ma sicuramente con spunti di riflessione femminile in più.
 
 
 
Partiamo dal presupposto che in questa sede abbiamo definito i capelli un labirinto interiore, la domanda sorge spontanea:  che cosa significa per me labirinto?
Che immagine, che emozione suscita in me, quindi, immagino un labirinto e cosa provo?
Fatto ciò mi devo domandare come e perché i capelli possano rappresentare qualcosa di interiore, dato che normalmente vengono associati a qualcosa di esteriore: bellezza, sensualità, grazie al loro aspetto e alle loro caratteristiche.
Detto questo dobbiamo comprendere perché il labirinto sia necessariamente un simbolo femminile. Ma partiamo dall’inizio, sedetevi e seguite questo racconto, fidatevi del filo di Arianna: afferratelo forte, vi porterà a destinazione! Un grande storico delle religioni, Mircea Eliade (autore che spesso ci “tira fuori dai guai” con sorprendenti intuizioni!), nel libro Images et Symboles spiega l’archetipo del legame, sostenendo tra le altre cose che c’è un forte riscontro etimologico tra le parole Legare e Stregare. Infatti, ad esempio, dal latino fascinum che significa maleficio ed è parente di fascia che indica per l’appunto una qualità del legare. In questa sede simbolica il legame è indice di paura, pericolo, morte. Ma andiamo avanti. Anche il sanscrito ci è di aiuto: Yukli significa aggiogare e potere magico, da cui deriva la radice sanscrita Yuj, la quale si sviluppa poi nella parola Yoga, che oltre ad essere una disciplina significa appunto unione. Proseguendo sulla stessa strada si può citare, come esempio, l’inno di Ishtar citato da Harding in Les mystères del la femme, la dea annoda e scioglie il filo del male, del destino, lacci e corde sono infatti sempre gli strumenti dei nodi che caratterizzano le divinità legate alla morte. Già nell’Odissea il filo è simbolo del destino umano, ecco infatti che Eliade associa il filo al labirinto, il quale è «insieme metafisico e rituale contenente le idee di difficoltà, di pericolo, di morte. Il legame è l’immagine diretta degli “attaccamenti” temporali, della condizione umana legata alla coscienza del tempo e alla maledizione della morte.» [1].
Definite queste prime coordinate c’è ora da domandarsi come siamo arrivati a collegare simbolicamente la donna e la femminilità all’idea di morte, destino e maledizione. Perché? Abbiamo compreso che c’è una stretta correlazione etimologica, ma questa è solo la conseguenza di un credo, di una cultura già profondamente radicata, che porta testimonianza ai posteri attraverso la parola.
 
Nel prossimo articolo proseguiremo l’argomento riprendendo il gomitolo di Arianna dall’inizio, ripercorrendo la strada del filo che ci porterà nei meandri del labirinto e osserveremo da dove nasce l’imbocco del mondo di Asterio..
 
[1] Gilbert Durand “Le strutture antropologiche dell’immaginario. Introduzione all’archetipologia generale”, pag. 122, Edizioni Dedalo, Bari, ristampa del 2013
 
Link all'articolo sul Blog di Asterio: https://asteriocolnaso.wordpress.com/2015/08/12/il-labirinto-delle-paure-e-degli-attaccamenti-prima-parte-a-cura-di-nadia-berti-antropologa/