Origini e storia del DIM
Con la sigla DIM si intende “Dialogo Interreligioso Monastico” un
organizzazione presente in tutto il mondo, la cui sede italiana si trova ad
Assisi. Il Dim nasce in seno all’ordine monastico dei Benedettini.
Il Dim è, per definizione, un organizzazione che si occupa del dialogo
intrareligioso, difatti, se il Pontificio Consiglio ha dato la descrizione di
quattro diverse forme di dialogo interreligioso, quello su cui il Dim pone
l’attenzione è il dialogo esperienziale. Il dialogo dell’esperienza è,
in fine dei conti, espressione del monachesimo, la cui vocazione è proprio la
contemplazione e l’esperienza della religione vissuta “dal di dentro”,
immergendo corpo e spirito nella religione, vivendo sul proprio corpo le parole
scritte nei Testi Sacri.
Nel Dim si parla di dialogo intrareligioso in quanto questa
immersione nella religione e nei suoi precetti, viene fatto non solo
all’interno della propria religione di origine, ma anche all’interno delle
altre religioni, scambiandosi in un dialogo con Dio le proprie esperienze di
monaci. Infatti, nel Dim, vi sono monaci benedettini ospiti di ashram indù,
monasteri zen, e così via, e viceversa, si possono trovare monaci di altre
religioni presso monasteri benedettini.
Il senso del DIM
Nel Dim troviamo l’incontro e lo scambio attraverso un dialogo contemplativo,
ovvero relativo l’esperienza religiosa, intrareligioso (incontro di diverse
religioni) e delle mistiche (tipico delle esperienze monastiche). In questo
contesto il lavoro del Dim si divide tra un dialogo interreligioso in toto e un
dialogo interreligioso specifico dell’ambito monastico. Ovvero, se l’esperienza
del Dim nasce e cresce all’interno dei vari ordini monastici, è anche vero che
i risultati ottenuti sono contestualizzabili all’interno del dialogo
interreligioso in generale, essendo luogo di incontro, scambio e crescita che
favorisce una buona convivenza e una sana inculturazione fra le varie
religioni, che si tratti di ordini monastici o meno, che si tratti della vita
di fede di religiosi o di laici. Il Dim è uno strumento, un luogo di incontro e
crescita essenziale nell’epoca che stiamo vivendo, in cui necessitiamo una
rivisitazione del dialogo, dell’incontro con l’Altro, dell’esperienza
religiosa, dell’incontro con il Divino tout
court. Con “senso del dialogo
interreligioso in generale” si intende, non il fondare una nuova religione,
universale e comune a tutti, ma piuttosto il rivivere la propria religione
in un’ottica nuova, rivivere il senso del proprio battesimo in un contesto di
dialogo e incontro con l’Altro. Dialogo interreligioso significa conoscersi
meglio, conoscere l’Altro meglio, non chiudersi in un autoreferenzialismo
imbevuto di azioni e pensieri chiusi, bigotti o fondamentalisti. Il Dialogo è
necessario nella nostra epoca, e negarne l’importanza significa già peccare di
presunzione e non seguire in realtà lo stesso messaggio di pace e amore
universale che Dio ha donato e trasmesso a TUTTE le religioni.
Come ha definito Panikkar, il dialogo è un “incontro indispensabile”. A mio
avviso, leggendo il Vangelo con attenzione e apertura, Cristo fu il primo
mediatore culturale della storia, basti pensare all’incontro con la Samaritana.
Cristo ha sollecitato sempre i discepoli e il popolo tutto, all’incontro e
all’amore verso tutti, verso gli ultimi in special modo. L’incontro con l’Altro
non deve dar vita ad una nuova religione, costruita a nostro uso e consumo
(abitudine molto occidentale), ma deve porsi nell’ottica di un reciproco
arricchimento, all’interno della propria religione.
Ma perché proprio dialogo intrareligioso nel mondo monastico? Il Dim muove
i passi della sua missione partendo dall’esperienza monastica in quanto il
monachesimo è la forma più antica di religiosità e denominatore comune di tutte
le religioni, nonché incontro tra l’esperienza religiosa Orientale con
quella Occidentale. L’esperienza mistica, proprio per le sue peculiarità di
vissuto esperienziale della religione, di contemplazione, devozione e studio
dei Testi Sacri, è luogo di contatto con le altre spiritualità e occasione di
arricchimento fra le stesse.
Spiritualità e teologia del dialogo interreligioso (monastico)
Partendo dalla lettura del discorso del Concilio Vaticano II “Nostra
Aetate” possiamo già intuire l’importanza e la necessità, nonché l’urgenza,
della riflessione del dialogo interreligioso all’interno del mondo religioso e
non. Da questo punto di partenza possiamo analizzare la spiritualità del Dim:
il dialogo diventa spiritualità esso stesso, soprattutto se il luogo prende
forma il dialogo è l’esperienza monastica, fatta di esperienza e intimo dialogo
con Dio. La differenza religiosa diventa luogo di riflessione, dalla propria
religione e la propria esperienza religiosa in primis.
Altra caratteristica dei monaci è l’ospitalità (caratteristica comune nelle
culture orientali, in cui nasce tra l’altro il monachesimo), dall’ospitalità
nasce necessariamente il confronto e il dialogo, ospitalità significa anche
condivisione (di vita, di pensiero, di cibo, di esperienze…). L’ ospitalità è
anche sinonimo di accoglienza e rispetto del diverso (se sono accogliente lo
sono con tutti, a prescindere di chi sia e da dove provenga, perché riconosco
in lui il diverso da amare, accogliere, riconoscere e con cui dialogare.)
Il dialogo con il diverso è fonte di ricchezza, un luogo intimo in cui
posso mettere in discussione me stesso e le mie idee, cercando il vero volto di
Dio e la Verità.
E’ come quando si sostiene che solo viaggiando posso apprezzare e
desiderare il ritorno a casa che avviene dopo il viaggio.
Il problema teologico rimane, in quanto questo dialogo non deve dare vita
ad una “terza” religione, fatta a misura delle mie specifiche richieste, questa
esperienza mi deve arricchire, purché io rispetti la mia religione: non si
tratta infatti di un “supermercato della spiritualità”, che potrebbe cadere
facilmente in una forma di New Age.. dove Oriente e Occidente si incontrano, il
più delle volte creando dei “prodotti” adatti e adattati alle esigenze del
fedele occidentale, caratterizzato spesso (spessissimo in questo contesto),
dalla “fretta” di imparare e di assimilare le caratteristiche di una religione
orientale, senza avere l’accortezza, la pazienza e l’umiltà di animo di
studiare seriamente questa forma culturale e religiosa, ma prendendo solo ciò che
più mi aggrada.
Il problema teologico rimane un dialogo aperto, ma è fondamentale per
dare spessore culturale, ufficialità al discorso interreligioso, ufficialità
religiosa non tanto per possedere un titolo o un riconoscimento, ma proprio
perché il fedele possa affidarsi e confrontarsi nella certezza di trovarsi su
di un percorso reale in cui ricercare il volto di Dio, all'interno della sua
Fede, nel rispetto dei Testi Sacri (tutti), in un' ottica moderna e di
attualità sociale, ricca di dialogo e incontro con l'Altro.
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