martedì 7 gennaio 2014

VI PRESENTO IL "DIM"


Origini e storia del DIM

Con la sigla DIM si intende “Dialogo Interreligioso Monastico” un organizzazione presente in tutto il mondo, la cui sede italiana si trova ad Assisi. Il Dim nasce in seno all’ordine monastico dei Benedettini.

Il Dim è, per definizione, un organizzazione che si occupa del dialogo intrareligioso, difatti, se il Pontificio Consiglio ha dato la descrizione di quattro diverse forme di dialogo interreligioso, quello su cui il Dim pone l’attenzione è il dialogo esperienziale. Il dialogo dell’esperienza è, in fine dei conti, espressione del monachesimo, la cui vocazione è proprio la contemplazione e l’esperienza della religione vissuta “dal di dentro”, immergendo corpo e spirito nella religione, vivendo sul proprio corpo le parole scritte nei Testi Sacri.

Nel Dim si parla di dialogo intrareligioso in quanto questa immersione nella religione e nei suoi precetti, viene fatto non solo all’interno della propria religione di origine, ma anche all’interno delle altre religioni, scambiandosi in un dialogo con Dio le proprie esperienze di monaci. Infatti, nel Dim, vi sono monaci benedettini ospiti di ashram indù, monasteri zen, e così via, e viceversa, si possono trovare monaci di altre religioni presso monasteri benedettini.

Il senso del DIM

Nel Dim troviamo l’incontro e lo scambio attraverso un dialogo contemplativo, ovvero relativo l’esperienza religiosa, intrareligioso (incontro di diverse religioni) e delle mistiche (tipico delle esperienze monastiche). In questo contesto il lavoro del Dim si divide tra un dialogo interreligioso in toto e un dialogo interreligioso specifico dell’ambito monastico. Ovvero, se l’esperienza del Dim nasce e cresce all’interno dei vari ordini monastici, è anche vero che i risultati ottenuti sono contestualizzabili all’interno del dialogo interreligioso in generale, essendo luogo di incontro, scambio e crescita che favorisce una buona convivenza e una sana inculturazione fra le varie religioni, che si tratti di ordini monastici o meno, che si tratti della vita di fede di religiosi o di laici. Il Dim è uno strumento, un luogo di incontro e crescita essenziale nell’epoca che stiamo vivendo, in cui necessitiamo una rivisitazione del dialogo, dell’incontro con l’Altro, dell’esperienza religiosa, dell’incontro con il Divino tout court.  Con “senso del dialogo interreligioso in generale” si intende, non il fondare una nuova religione, universale e comune a tutti, ma piuttosto il rivivere la propria religione in un’ottica nuova, rivivere il senso del proprio battesimo in un contesto di dialogo e incontro con l’Altro. Dialogo interreligioso significa conoscersi meglio, conoscere l’Altro meglio, non chiudersi in un autoreferenzialismo imbevuto di azioni e pensieri chiusi, bigotti o fondamentalisti. Il Dialogo è necessario nella nostra epoca, e negarne l’importanza significa già peccare di presunzione e non seguire in realtà lo stesso messaggio di pace e amore universale che Dio ha donato e trasmesso a TUTTE le religioni.
 

Come ha definito Panikkar, il dialogo è un “incontro indispensabile”. A mio avviso, leggendo il Vangelo con attenzione e apertura, Cristo fu il primo mediatore culturale della storia, basti pensare all’incontro con la Samaritana. Cristo ha sollecitato sempre i discepoli e il popolo tutto, all’incontro e all’amore verso tutti, verso gli ultimi in special modo. L’incontro con l’Altro non deve dar vita ad una nuova religione, costruita a nostro uso e consumo (abitudine molto occidentale), ma deve porsi nell’ottica di un reciproco arricchimento, all’interno della propria religione.

 
Ma perché proprio dialogo intrareligioso nel mondo monastico? Il Dim muove i passi della sua missione partendo dall’esperienza monastica in quanto il monachesimo è la forma più antica di religiosità e denominatore comune di tutte le religioni, nonché incontro tra l’esperienza religiosa Orientale con quella Occidentale. L’esperienza mistica, proprio per le sue peculiarità di vissuto esperienziale della religione, di contemplazione, devozione e studio dei Testi Sacri, è luogo di contatto con le altre spiritualità e occasione di arricchimento fra le stesse.


Spiritualità e teologia del dialogo interreligioso (monastico)


Partendo dalla lettura del discorso del Concilio Vaticano II “Nostra Aetate” possiamo già intuire l’importanza e la necessità, nonché l’urgenza, della riflessione del dialogo interreligioso all’interno del mondo religioso e non. Da questo punto di partenza possiamo analizzare la spiritualità del Dim: il dialogo diventa spiritualità esso stesso, soprattutto se il luogo prende forma il dialogo è l’esperienza monastica, fatta di esperienza e intimo dialogo con Dio. La differenza religiosa diventa luogo di riflessione, dalla propria religione e la propria esperienza religiosa in primis.

Altra caratteristica dei monaci è l’ospitalità (caratteristica comune nelle culture orientali, in cui nasce tra l’altro il monachesimo), dall’ospitalità nasce necessariamente il confronto e il dialogo, ospitalità significa anche condivisione (di vita, di pensiero, di cibo, di esperienze…). L’ ospitalità è anche sinonimo di accoglienza e rispetto del diverso (se sono accogliente lo sono con tutti, a prescindere di chi sia e da dove provenga, perché riconosco in lui il diverso da amare, accogliere, riconoscere e con cui dialogare.)

Il dialogo con il diverso è fonte di ricchezza, un luogo intimo in cui posso mettere in discussione me stesso e le mie idee, cercando il vero volto di Dio e la Verità.

E’ come quando si sostiene che solo viaggiando posso apprezzare e desiderare il ritorno a casa che avviene dopo il viaggio.


Il problema teologico rimane, in quanto questo dialogo non deve dare vita ad una “terza” religione, fatta a misura delle mie specifiche richieste, questa esperienza mi deve arricchire, purché io rispetti la mia religione: non si tratta infatti di un “supermercato della spiritualità”, che potrebbe cadere facilmente in una forma di New Age.. dove Oriente e Occidente si incontrano, il più delle volte creando dei “prodotti” adatti e adattati alle esigenze del fedele occidentale, caratterizzato spesso (spessissimo in questo contesto), dalla “fretta” di imparare e di assimilare le caratteristiche di una religione orientale, senza avere l’accortezza, la pazienza e l’umiltà di animo di studiare seriamente questa forma culturale e religiosa, ma prendendo solo ciò che più mi aggrada.

Il problema teologico rimane un dialogo aperto, ma è fondamentale per dare spessore culturale, ufficialità al discorso interreligioso, ufficialità religiosa non tanto per possedere un titolo o un riconoscimento, ma proprio perché il fedele possa affidarsi e confrontarsi nella certezza di trovarsi su di un percorso reale in cui ricercare il volto di Dio, all'interno della sua Fede, nel rispetto dei Testi Sacri (tutti), in un' ottica moderna e di attualità sociale, ricca di dialogo e incontro con l'Altro.

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